Scenario post Brexit.
Intervista di SAT sull' “Avvisatore Marittimo”
«Per chi credeva e crede nell’Unione Europea, Brexit è stato un duro colpo: rappresenta una involuzione del processo di unificazione, di comunione di intenti e di solidarietà. Penso soprattutto alle nuove generazioni, quelle che sono nate sotto la bandiera europea, in un continente ormai privo di confini e che fino a oggi si sono sentiti prima cittadini comunitari e poi delle rispettive nazioni. Allo stesso modo credo che l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue abbia messo sotto i riflettori lo stallo delle politiche e delle istituzioni comunitarie e quanto ci sia bisogno di un adattamento, di un ripensamento: il contesto è
profondamente mutato da quello dell’Europa di Maastricht.
Se Brexit si rivelerà la miccia di una evoluzione in questo senso, forse avrà avuto uno scopo più alto. La nostra azienda fa parte del Gruppo Finsea, che copre diversi settori della logistica e partecipa alla vita di più federazioni di categoria internazionali, in queste sedi, in questi anni, abbiamo più volte dialogato con i nostri colleghi britannici e, a prescindere da quale fosse la loro posizione, quello che gettava ombre sul loro business quotidiano era l’incertezza, il procrastinare una decisione, che finalmente è stata presa».
Come vi siete attrezzati, o intendete attrezzarvi, per affrontare il nuovo scenario provocato dalla Brexit?
«Ci stiamo formando per essere pronti a dare assistenza doganale agli operatori che ne avessero bisogno. L’accordo tra Gran Bretagna e UE prevede l’azzeramento di dazi doganali e delle quote di importazione per i prodotti che hanno origine nell'Unione europea o nel Regno Unito. La libertà di accesso al mercato, quindi, è molto ampia ma il modo di operare con la Gran Bretagna cambierà molto. Gli scambi commerciali, infatti, non rappresentano più operazioni intraunionali, ma operazioni di import ed export, con tutte le formalità connesse agli adempimenti doganali. In particolare, gli operatori devono presentare una dichiarazione doganale di importazione o di esportazione tramite un rappresentante doganale, indicando la classifica, l'origine e il valore della merce e avendo cura di ottenere tutte le autorizzazioni e certificazioni tecniche richieste».
Che cosa si aspetta dal 2021, anche alla luce della pandemia?
«Come la maggior parte delle aziende abbiamo preventivato un budget che tiene conto dello scenario peggiore, ovvero di una situazione non dissimile dal 2020. Tuttavia, ci sono alcuni fattori che possono farci propendere per una situazione migliore come la campagna vaccinale, per esempio, che sui mercati possono avere effetti positivi aiutando molte economie a “rimbalzare”. In questo caso siamo pronti a traguardare un orizzonte più positivo».
Quali sono i principali investimenti, anche a livello strategico, che state portando avanti per superare la crisi globale iniziata lo scorso anno?
«Nell’incertezza economica è prudente salvaguardare la liquidità e le acquisizioni sono da vagliare con grande attenzione. Siamo comunque aperti a partnership che possano aiutarci ad allargare la clientela e a raggiungere economie di scala. Come Gruppo ci stiamo muovendo su tre assi di investimento: ampliare la gamma dei nostri servizi, formare e rifunzionalizzare le nostre risorse umane e mantenerci aggiornati sotto il profilo dei sistemi informatici».
Che cosa pensa dell’atteggiamento italiano nei confronti del Recovery Fund?
«Credo che sia veramente una misura epocale per il nostro continente e dimostra un passo avanti per l’integrazione europea che non può passare inosservata. L’Italia fino a oggi, con il presidente Conte, ha avuto un ruolo centrale nella sintesi non facile che è stata raggiunta tra i 27 stati comunitari, sono però molto curioso di leggere il Piano nazionale di ripresa e resilienza perché è lì che dimostreremo la capacità di visione e pianificazione del nostro futuro».
Alberto Cordella – Amministratore delegato SAT